Faccia a faccia con Anna Mioni, agente letterario e traduttrice

pubblicato l’11/2/2013 su Angolo Lettura a cura di Jessica Malfatto

Ha iniziato a leggere molto presto e non ha più smesso, convinta che, se tutti scrivono libri, la missione della sua vita è quella di leggerli“: si presenta così Anna Mioni, agente letterario e traduttrice, che nel marzo 2012 ha fondato la AC² Literary Agency, in collaborazione con Stefano Scalich (responsabile di editing, valutazione di manoscritti, fact-checking e tutoraggio). Traduzioni, editing, scrittura, scouting, ufficio diritti e rappresentanza di editori e autori italiani e stranieri: sono queste nel complesso le competenze principali dell’agenzia, unite a “passione, efficienza, attenzione”, come si trova scritto nel loro profilo

Ma cerchiamo di capire qual è stato il percorso che ha portato Anna Mioni a dare vita questa realtà editoriale e cosa significa essere un agente letterario oggi.

  • Aprire un’agenzia letteraria: perché? Cosa vi ha spinti a intraprendere questo viaggio nell’editoria?

Il mio viaggio nell’editoria in realtà è iniziato quindici anni fa, quando dopo l’università frequentai il Master in Traduzione letteraria Anna-Mionidall’inglese all’Università Ca’ Foscari, grazie al quale ottenni uno stage presso la redazione Franco Muzzio/Arcana edizioni, da cui nacque una collaborazione più lunga. In seguito ho scelto di privilegiare la carriera di traduttrice letteraria.

Quella dell’agenzia è un’idea nata quando nel 2006 e 2007 ho lavorato di nuovo come editor interna, stavolta nella casa editrice padovana Alet, occupandomi anche dell’ufficio diritti. Mi sono venute molte idee per migliorare il meccanismo abituale di rapporto tra editori e agenzie letterarie; ma in quegli anni non avrei potuto aprire un’agenzia, perché la maggior parte del lavoro si svolgeva ancora su carta e avrebbe implicato costi per me insostenibili. Ora che tutto lo scambio di manoscritti e la corrispondenza si gestiscono quasi solo via e-mail, ho potuto far partire il progetto AC² Literary Agency e provare a farvi confluire nel anche tutte le esperienze acquisite come traduttrice e redattrice, oltre alla mia idea di letteratura e di mercato editoriale virtuoso.

  • Quali sono i lati migliori e quali i peggiori di questo mestiere? Cosa significa essere un agente letterario, oggi?

Inizio a rispondere dall’ultima domanda: la nostra è una professione molto recente che in Italia non è ancora regolamentata; fino a poco tempo fa le agenzie erano poche e lavoravano in modo invisibile ai non addetti ai lavori. Ora, con la crescente esternalizzazione di tutte le professioni editoriali, nelle redazioni ci sono sempre meno editor e redattori puri. Quindi sulle agenzie di oggi si è in parte spostata anche tutta una serie di compiti che prima erano appannaggio esclusivo delle redazioni: editing e selezione dei manoscritti, revisioni, traduzione, promozione online… Inoltre, la transizione verso l’editoria elettronica richiede di saper rispondere immediatamente a tutti i nuovi bisogni che questo nuovo mercato creerà per gli autori. Un agente serio si tiene aggiornato su tutti questi sviluppi e aiuta i propri autori a intraprendere percorsi personalizzati, anche diversi da quelli della pubblicazione tradizionale, se serve.

I lati migliori del lavoro di agenzia riguardano tutti il rapporto costante con l’oggetto della nostra passione: chi si accosta alle professioni editoriali lo fa perché ama i libri e la lettura. Inoltre c’è il piacere di accompagnare e sostenere gli autori nel loro percorso di crescita e sperando di riuscire a trovare per loro l’editore che riesca a valorizzarli al meglio.

I lati peggiori sono: la lentezza nel ricevere risposte da parte degli editori, che sono sovraccarichi di lavoro e reagiscono velocemente solo a proposte di libri che hanno già venduto nei paesi d’origine, oppure che toccano temi di attualità stringente; e la delicatezza estrema necessaria per trattare qualcosa di personale come l’opera letteraria di un autore, che spesso la vede alla stregua di un figlio e quindi non sempre riesce a giudicarla con obiettività.

  • Parliamo anche di numeri e statistiche, per dare un’idea concreta ai nostri lettori. Su cento manoscrittiac2 ricevuti, quanti riescono a “passare la selezione”? Quali sono gli errori più comuni che commettono gli aspiranti esordienti?

Mi è difficile fornire cifre, prima di tutto perché l’agenzia è nata a marzo 2012, e poi perché abbiamo criteri di selezione piuttosto severi: non accettiamo manoscritti su carta, non valutiamo manoscritti a titolo gratuito, e cerchiamo di occuparci solo di titoli che non si discostano troppo dalla nostra idea di letteratura di qualità. Quindi non siamo sommersi di testi, e quelli che leggiamo, in gran parte, sono già scremati in partenza.

Tra gli errori più comuni che commettono gli esordienti, a detta non solo mia ma anche di altri agenti ed editor:

1)   Non avere solide letture alle spalle: come si fa a scrivere bene se non si sono letti i capolavori della letteratura italiana e straniera, contemporanea e non?

2)   Non capire la differenza tra scrivere solo per sé (che spesso sconfina con la logorrea) e scrivere per un pubblico. Se non si fa quel salto di qualità non si diventerà mai un vero scrittore.

3)   Ignorare i pareri critici. Ci sono esordienti che fanno il giro di tutte le agenzie e incassano rifiuti su rifiuti, ma, anziché mettersi in discussione e provare a capire perché il loro testo non funziona, continuano a sottoporlo in visione nella speranza di sentirsi dare un giudizio positivo. Inutile dire che non accadrà mai: se un professionista del settore critica il testo di un esordiente, lo fa nell’interesse dell’autore e ha dei motivi ben fondati che nascono dalla sua competenza professionale. Quindi per fare progressi conviene metabolizzare le critiche e usarle per crescere come scrittori.

  • Se si trovasse di fronte un ragazzo con l’ambizione di aprire un’agenzia letteraria, cosa gli direbbe?

Gli direi che deve farsi le ossa e acquisire esperienza. Nessuno apre un’agenzia letteraria da zero, tutti provengono dalle redazioni di case editrici o da lunghe esperienze come dipendenti in agenzie già consolidate. Quindi consiglierei di seguire un corso di studi che prepara a dovere sul mondo dell’editoria (ci sono vari master e corsi di perfezionamento post-universitari molto specializzati, dato che l’università italiana è ancora piuttosto slegata dal mondo dell’editoria vera e propria) e poi cercare di fare esperienza presso un’agenzia letteraria, se possibile internazionale, in modo da prepararsi a 360°. Oppure nell’ufficio diritti di una casa editrice.

  • E, infine, quale azione potrebbe essere veramente concreta per promuovere la lettura, sia da parte dei singoli lettori, sia per quanto riguarda gli “addetti ai lavori”?

Bisogna allevare i ragazzi ad amare i libri sin da piccoli, sia in famiglia che a scuola. In questo ambito in Italia ci sono già vari progetti che meritano di essere sostenuti, tra cui Nati per leggere, La grande fabbrica delle parole e quello a cui partecipo anch’io, Scuola Twain, dove molti scrittori, sceneggiatori, attori e altre figure legate alla narrazione tengono volontariamente lezioni sul piacere di leggere nelle scuole medie e superiori (per ora del Veneto, ma il progetto verrà presto allargato ad altre regioni). Proprio questa settimana andrò a parlare in un liceo linguistico dell’amicizia, l’amore, la musica e la libertà partendo da Sulla strada di Jack Kerouac, cercando così di far toccare con mano ai ragazzi che i temi della loro quotidianità trovano ampio spazio nella letteratura.

 

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